L’Aiso risponde! Il futuro dell’Osteopatia in 5 punti (7)

La formazione raccontata dai suoi protagonisti. Le scuole e il futuro, docenti e studenti di fronte alle novità della professione. Un itinerario per esplorare il mondo dell’Osteopatia attraverso  voci sempre nuove. Questa volta, ci affidiamo a Floriana Barrale, collaboratrice del CERDO di Roma.

  1. Cosa significa per gli osteopati l’attuazione del riconoscimento della loro professione?

L’attuazione del riconoscimento comporta presumibilmente una maggiore, e per certi versi migliore, considerazione del profilo professionale dell’osteopata. Siamo alle soglie del 2020 ed è chiaro a tutti, anche ai non “addetti ai lavori”, quanto sia necessaria una formazione uguale per tutti e quindi controllata, uniforme, coerente. Questo è il primo passo da compiere per garantire, non soltanto livelli alti nella prestazione finale del professionista, ma la piena tutela dei pazienti. Il riconoscimento della professione significa quindi maggiore autonomia e futuro inserimento nell’organico di strutture sanitarie, ma anche possibilità di collaborare con gli altri professionisti della salute al fine di garantire e lavorare insieme al benessere del paziente.  
  1. Qual è il contributo che le scuole possono dare all’attuazione?

Le scuole conoscono meglio di ogni altra realtà la professione dell’osteopata e lo sforzo richiesto a livello di formazione teorica e pratica. In un contesto in cui non vi è nessun esempio da emulare in termini di formazione universitaria in Osteopatia, la migliore testimonianza può essere fornita dalle scuole che erogano da anni percorsi formativi di alta qualità. Il loro contribuito è quindi fondamentale nella definizione dei programmi didattici che mirano a formare gli osteopati del futuro. È importante lavorare insieme, in modo organico, per continuare ad erogare una formazione coerente con i principii dell’Osteopatia.  
  1. Com’è cambiata la percezione dell’Osteopatia in Italia?

Negli ultimi anni l’Osteopatia sta acquisendo maggiore risonanza e il numero di persone che si rivolge all’osteopata per cure mediche è in costante aumento. Fino a qualche anno fa, non era una pratica diffusa e i pazienti ricorrevano all’Osteopatia solamente dopo aver provato altre soluzioni e dopo aver consultato ortopedici o fisioterapisti. Oggi, anche grazie ai media e agli altri mezzi di informazione, si ha una conoscenza più approfondita della pratica. Inoltre, le collaborazioni con ospedali, centri di eccellenza ospedaliera, case di cura e centri sportivi di alto livello, hanno contribuito a mettere in evidenza la necessità di un approccio osteopatico verso i pazienti. Ciò ha fatto sì che sempre più professionisti nell’ambito sanitario abbiano modificato il loro atteggiamento nei confronti dell’osteopatia, aumentando quindi la popolarità della pratica. Secondo i dati Istat, circa l’8% degli italiani si affida al trattamento osteopatico. Sicuramente, ci sono ancora passi da fare, ma la percezione dell’Osteopatia sta migliorando ed è riconosciuta a tutti gli effetti come una pratica sanitaria sicura e affidabile.  
  1. All’estero, laddove ha uno statuto diverso, come viene considerata l’attività degli osteopati?

All’estero, nei Paesi in cui vige uno statuto diverso da quello italiano, si ha un’integrazione effettiva dell’Osteopatia all’interno dei servizi sanitari pubblici e privati. Il numero dei Paesi europei dove l’Osteopatia è legalmente riconosciuta è in costante crescita. Questo ha favorito lo sviluppo di importanti rapporti interdisciplinari che hanno dato il via a studi sperimentali per cercare di approfondire l’efficacia di questo tipo di terapia.  
  1. Scuole di Osteopatia: patrimonio di sapere ed esperienza da salvaguardare, come farlo?

Le scuole detengono il patrimonio di un’esperienza decennale (e anche più vasta) nell’erogazione di programmi formativi. Dispongono di un corpo docente esperto, in grado di insegnare le materie caratterizzanti, di un’organizzazione interna che è spesso simile a quella di una micro-realtà universitaria e di un know-how di cui le università potrebbero essere le prime a trarre beneficio, promuovendo collaborazioni sia sul fronte teorico che pratico della formazione. Quando inizieranno i percorsi universitari, presumibilmente le scuole private dovranno interrompere le loro attività formative, ma potrebbero stipulare convenzioni con le università o prevedere accordi di diversa natura. Gli accordi potrebbero riguardare, ad esempio, il tirocinio clinico, elemento fondamentale per la formazione “pratica” del professionista osteopata, o la formazione post-graduate e master dedicati.

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