Ancora un’intervento sul valore della formazione osteopatica, dopo il voto parlamentare con cui la nostra disciplina è stata individuata come professione sanitaria. Questa volta ad aiutarci a fare il punto è Alessandro Mancini, collaboratore dell’Osce di Bologna.
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Cosa significa per gli osteopati l’attuazione del riconoscimento della loro professione?
Non si può nel 2019 affidare la formazione di professionisti che si approcciano alla salute, perché di questo si tratta, ad una giungla di scuole, fantomatici master e “corsucoli” di vario genere. È necessaria una formazione uniforme, codificata, normata e controllata. E questo altro non che il motivo per cui gli stessi osteopati, quelli veri, si sono battuti. A tutela dei reali e capaci esperti e soprattutto a tutela dei pazienti.
Il riconoscimento della professione ci consente di poter collaborare, a pieno regime, tra veri professionisti della salute, in eccellenti équipe mediche, verso uno scopo primario comune: lo stato di benessere del paziente.
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Com’è cambiata la percezione dell’Osteopatia in Italia?
Da quasi trent’anni gli italiani si affidano all’Osteopatia. Una pratica troppo a lungo non riconosciuta che in Italia è una professione per almeno 7000 persone. (Dato assolutamente in crescita)
L’hashtag “#osteopatiriconosciuti” è stato a lungo in cima alle classifiche degli argomenti politici. È stato un percorso arduo, ma ce l’abbiamo fatta.
Secondo i dati Istat, ricorre al trattamento osteopatico quasi l’8% degli italiani. L’Eurispes ha rilevato che il 14,5% dei cittadini sceglie le medicine “non convenzionali” per curarsi. Fra queste persone il 21,5% ricorre all’Osteopatia: circa 2 milioni di persone, e il 77,8% di loro si è dichiarato soddisfatto.
Una regolamentazione può solo agevolare il paziente.
Alcuni esempi, dato che 1 su 3 viene consigliato dal medico di famiglia, riguardano la copertura dei trattamenti da parte del Servizio Sanitario Nazionale, le detrazioni fiscali e la copertura assicurativa delle cure.
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All’estero, laddove ha uno statuto diverso, come viene considerata l’attività degli osteopati?
Negli Usa l’osteopatia è stata riconosciuta in diversi Stati già dalla fine dell’Ottocento. Oggi appartiene a tutti gli effetti alla medicina ortodossa, con un percorso formativo equipollente. Esistono i Medical Doctors e gli Osteopathic Physicians. In Europa, i medici osteopati conseguono prima una laurea in Medicina e poi una specializzazione. La pratica richiede un diploma universitario. L’Inghilterra è stato il primo Paese europeo in cui, con l’Osteopaths Act del 1993, l’osteopatia è stata riconosciuta come medicina paramedica ed è regolata dal General Osteopathic Council. Tanti stati stanno seguendo l’esempio inglese, tra cui Francia, Svizzera, Portogallo, Malta, Finlandia e Islanda.
L’Italia sta arrivando solo un po’ in ritardo. Ma, d’altronde si sa, “gli ultimi saranno i primi”.
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Qual è il contributo che le scuole di Osteopatia possono dare all’attuazione e come possono salvaguardare questo patrimonio di sapere ed esperienza?
La premessa è che bisogna attendere i decreti attuativi, detto ciò, ad oggi, l’unica cosa certa è che l’osteopata dovrà acquisire una laurea. I tempi di organizzazione di percorsi universitari in Italia non si conoscono; tuttavia i tempi che hanno portato al riconoscimento dell’osteopatia nel nostro Paese lasciano presagire che il processo possa essere piuttosto lungo.
In questa fase di passaggio, una buona soluzione sarebbe quella di conseguire una laurea in Osteopatia che consenta la registrazione all’albo professionale degli Osteopati in un Paese in cui ormai la professione sanitaria è già riconosciuta.