L’Aiso risponde! Il futuro dell’Osteopatia in 5 punti (4)

Prosegue il racconto sul cambiamento della professione visto dalle scuole. A parlare è Valeria Tontini, docente del CSOT di Roma.

1. Cosa significa per gli osteopati l’attuazione del riconoscimento della loro professione?

Per decenni, in tutta Europa, la professione di osteopata è sempre stata ostacolata dalla classe medica, sulla base del profilo professionale (e quindi di quale figura professionale potesse esercitare l’Osteopatia) e della scarsezza di pubblicazioni scientifiche che avrebbero dovuto comprovare la reale efficacia della terapia. Così è stato fino al 1992, quando, con il riconoscimento della professione in Gran Bretagna, si sono per la prima volta affermate sul continente le due condizioni fondamentali che identificano la disciplina: le competenze professionali e il percorso formativo adeguato. Un riconoscimento pieno e definitivo della professione equivarrebbe quindi all’assunzione di questi due fondamenti anche in Italia, consentendo agli osteopati l’agibilità di uno spazio di intervento proprio, senza l’ambiguità di sovrapposizioni con le altre professioni sanitarie.  

2. Qual è il contributo che le scuole possono dare all’attuazione?

Le scuole hanno un patrimonio basato su decenni di esperienza didattica e pedagogica nel processo formativo. Conoscono bene quali sono le materie di base indispensabili e quali aspetti di queste sono più utili ad acquisire una visione osteopatica, in vista di una preparazione eccellente del professionista. Conoscono bene il modo di insegnare le discipline caratterizzanti, la metodologia per dare agli studenti la possibilità di utilizzare in maniera ottimale la capacità palpatoria, caratteristica fondamentale della materia. Hanno sempre intessuto relazioni tra di loro, con altre scuole all’estero e con associazioni di scuole dove vengono affrontati i problemi della formazione, tenendosi quindi sempre sulla strada del miglioramento costante. In breve: hanno solidamente custodito le basi per una formazione di eccellente livello.  

3. Com’è cambiata la percezione dell’Osteopatia in Italia?

Nell’ultimo decennio la diffusione più capillare dell’Osteopatia sul territorio nazionale ha permesso di farci largo tra le professioni sanitarie, grazie all’ incremento elevato dell’utenza e all’aumentata efficacia. Inoltre, collaborazioni con ospedali, centri di eccellenza ospedaliera, case di cura, squadre sportive di alto livello, incluse le rappresentative nazionali italiane, hanno contribuito a mettere in evidenza  la necessità di un approccio osteopatico. Così sempre più professionisti in ambito sanitario hanno modificato il loro atteggiamento vedendo come i loro assistiti avessero trovato beneficio nella pratica osteopatica, spesso incitando i loro stessi pazienti a rivolgersi ad un osteopata in caso di indicazione terapeutica. La strada da fare è ancora lunga, ma sta via via crescendo un atteggiamento più favorevole verso la nostra professione.  

4. All’estero, laddove ha uno statuto diverso, come viene considerata l’attività degli osteopati?

Nei paesi dove l’osteopatia è riconosciuta, gli osteopati hanno trovato un loro inserimento. Dove invece non lo è, si hanno e stesse riserve che abbiamo sperimentato qui in Italia.  

5. Scuole di Osteopatia: patrimonio di sapere ed esperienza da salvaguardare, come farlo?

Le scuole come dicevamo hanno decenni di esperienza in ambito formativo e hanno a disposizione centinaia di curricula di docenti con provata esperienza di insegnamento, anche all’estero, sia nei paesi in cui la professione è riconosciuta che negli altri. Si tratta di docenti in grado di insegnare le materie caratterizzanti, mostrando i diversi approcci e aspetti della materia osteopatica; docenti esperti degli aspetti clinici e della formazione nella clinica pratica, per averli loro stessi vissuti prima da tutor. Un sapere di cui le università potrebbero essere le prime a trarre beneficio, aprendo le loro porte e stilando protocolli di intesa finalizzati a collaborazioni sia sui caratteri teorici che su quelli pratici della formazione.

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