“L’esperienza AISO al servizio di una legislazione per la figura osteopatica”

Alfonso Causi, segretario dell'AISO

INTERVISTA ad Alfonso Causi, segretario dell’AISO

  1. L’individuazione dell’Osteopatia come professione sanitaria è stata una svolta. Non si tratta però di un pieno riconoscimento perché mancano i decreti attuativi della legge. Cosa cambierebbe, nel piccolo, per il professionista, se la procedura fosse ultimata?

 
La Legge 3 del 2018 ha, tra le altre cose, modificato il contenuto dell’articolo 5 della Legge 43 del 2006 (Disposizioni in materie di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini istituzionali) determinando, per l’istituzione di una nuova professione sanitaria, la necessità di un doppio step: l’individuazione prima, che per l’osteopatia è già avvenuta, e l’istituzione poi. L’individuazione dell’Osteopatia è stata sì una svolta, ma purtroppo, proprio per questo doppio passaggio, una svolta “relativa”. Al momento, quindi, pur essendo i termini scaduti da oltre sedici mesi (entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge recita il secondo punto dell’art.7) risultano tuttora non definiti l’ambito di attività dell’osteopata, le funzioni caratterizzanti la sua professione, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale, nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. Una volta emanati i Decreti Ministeriali attuativi dei quattro punti previsti, gli osteopati professionisti potranno avere le idee più chiare: si conoscerà il profilo professionale dell’osteopata, che cosa differenzia l’osteopatia rispetto a tutte le altre professioni sanitarie, escludendo le eventuali “sovrapponibilità” e, soprattutto, si potranno conoscere, in base alla formazione pregressa e all’anzianità lavorativa, quali sono le eventuali integrazioni che saranno richieste agli osteopati.
 
  1. Per gli osteopati, c’è un modo particolare di intendere i propri diritti e i doveri? C’è una specificità nella deontologia degli osteopati rispetto a quella degli altri professionisti della sanità?

Il codice deontologico di riferimento è quello del R.O.I., il cui articolo 1 recita “gli iscritti al ROI, di seguito indicati con il nome di Osteopati, nell’esercizio della propria attività ed anche al di fuori di essa, devono uniformare il proprio comportamento all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro”, specificando negli articoli successivi i diritti, ma soprattutto i doveri, nei confronti dei pazienti, dei colleghi e del Registro. La salute e il benessere del paziente dovranno essere la priorità e nessuna discriminazione, di nessun tipo, dovrà esistere. Pur avendo le sue specificità, in molti ambiti ricalca, ovviamente, la deontologia delle altre professioni sanitarie.
 
  1. Un osteopata è spesso l’imprenditore di se stesso. A cosa deve stare attento un professionista di questo campo nel pianificare e nello svolgere la sua attività?

La risposta è semplice: deve essere attento a tutte le leggi che riguardano la sua attività. Purtroppo si tratta di una categoria che è relativamente poco conosciuta: è difficile trovare commercialisti e avvocati che conoscano a fondo le regolamentazioni inerenti l’osteopatia. Questo motivo mi spinse, circa otto anni fa, a documentarmi il più possibile, in modo da fornire, nelle lezioni che tengo presso alcune scuole afferenti AISO, le indicazioni essenziali per non incorrere in errori. Bisognerà, quindi, prestare attenzione alla propria fiscalità, fin dalla scelta del codice At.Eco., alla previdenza, nell’iscrizione alla Gestione Separata INPS, a quelle che devono essere le caratteristiche dello studio professionale. Da maggio del 2018 particolare attenzione dovrà essere data al trattamento dei dati personali, visto che lo stesso Garante ha incluso la categoria degli osteopati in quelle che certamente trattano dati sensibili. E, soprattutto, imparare ad attenersi alle specifiche della propria attività, in modo da non generare il rischio di abusivo esercizio della professione medica, alla stregua dell’art.348 del Codice Penale.
 
  1. L’AISO, insieme di Scuole, adesso, e il ROI, insieme di professionisti, prima: sono organizzazioni che valorizzano la vocazione associativa dei professionisti dell’Osteopatia. Quali aspetti del lavoro degli osteopati traggono maggiormente beneficio da questa dinamica della rappresentanza?

Le nostre due associazioni lavorano costantemente in contatto. Cerchiamo, sempre e sempre insieme, la tutela dei professionisti osteopati e degli istituti che li hanno formati. Il R.O.I. è simbolo, presso le istituzioni, di una numerosissima comunità di osteopati, così come A.I.S.O. lo è per le Scuole di Osteopatia ad essa afferenti. Ognuno nel suo ambito è pronto a cercare le soluzioni necessarie per agevolare le eventuali problematiche che dovessero insorgere, a qualsiasi livello per la tutela dei rispettivi associati.
 
  1. Il riunirsi, definire obiettivi e standard comuni all’interno di organizzazioni comuni potrà favorire lo sviluppo e l’implementazione di una legislazione adeguata alle esigenze degli osteopati?

 
Sia il R.O.I. che A.I.S.O. sono stati chiamati, insieme ad altre associazioni, sin dal primo momento a lavorare ai tavoli tecnici convocati dal Ministero della Salute. Ci siamo da subito resi disponibili affinché le nostre esperienze potessero essere utilizzate per una legislazione rispondente alla realtà osteopatica.

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