Il lungo cammino dell’Osteopatia in Italia

Colloquio con Gina Barlafante, presidente dell’AISO, e Franco Guolo, vice presidente dell’associazione.

Non capiremmo il nostro valore senza guardarci indietro. La storia dell’AISO non è solo quella che parte con la nascita formale dell’associazione. Il nostro tempo non è esclusivamente il tempo dell’ufficialità, ma quello dell’esperienza, della lenta costruzione.
Proprio perché abbiamo saputo fare del passato una virtù, quando la presidente Gina Barlafante parla del suo percorso nell’Osteopatia evoca una storia che accomuna molti. “Il mio incontro con l’osteopatia risale al 1985, quindi parliamo di più di trent’anni fa, quando ero ancora studente di medicina. All’epoca si conosceva poco e non c’erano strumenti rapidi per approfondire i vari argomenti. Ci si affidava all’esperienza di chi aveva iniziato poco prima di noi e ci siamo poi impegnati a cercare le fonti bibliografiche originali, come i testi di A.T. Still, W.G. Sutherland, gli scritti della V. Frymann”.
Prima che il sapere fosse in rete, prima del dialogo degli osteopati con la medicina clinica, prima che la nostra stessa disciplina corrispondesse a qualcosa nell’immaginario delle persone, al più la si riduceva a “un approccio molto meccanicistico abbastanza sovrapponibile ad altre metodiche di terapia manuale”, ricorda Franco Guolo, oggi vice presidente dell’AISO. Eppure, per chi studiava “soprattutto i vecchi maestri” e si applicava alla pratica clinica, c’erano già le trace di come si trattasse “di un approccio alla salute a 360 gradi”.
  Erano i germogli intravisti da chi di quella intuizione avrebbe fatto la propria vita. Continua Guolo:
“Ad oggi i pazienti che frequentano uno studio osteopatico presentano quesiti clinici di vario tipo, dalla cefalea ai disturbi gastrointestinali, dai disturbi urogenitali ad una semplice gestione preventiva della salute. Ecco perché l’osteopata deve avere una preparazione clinica sufficiente a determinare il proprio ambito di intervento”. Un segno del cambio dei tempi, certo, ma anche l’esito di una lunga semina. “Pian piano – sottolinea Gina Barlafante –, con il lavoro di ciascuno, siamo riusciti a conquistare la fiducia di pazienti e di altri professionisti e posso affermare che le nostre aspettative si stanno realizzando, pur essendo consapevoli del fatto che il percorso sia ancora lungo”.
  “Ricordo ancora bene il mio primo contatto con questa disciplina – aggiunge la presidente dell’AISO –: si parlava di compliance ed elasticità delle ossa del cranio e fui colpita perché nel corso di laurea in medicina tutto ciò non veniva minimamente considerato”. Completezza e novità si trovavano combinate sotto questo nome mai sentito prima: Osteopatia. Gina Barlafante racconta anche come, per la prima volta, fu “impressionata dalla possibilità di modificare alcune funzioni articolari attraverso delle apparentemente ‘semplici’ tecniche manuali; mi affascinò moltissimo il poter interagire manualmente con le funzioni corporee e recuperare una sorta di ‘antica semeiotica’ tipica dell’arte medica ma non solo”.
Un approccio fresco e il contenuto fortemente orientato alla persona con i suoi bisogni hanno fatto sì che il terreno preferenziale dell’Osteopatia, e il veicolo della sua crescita, fossero da subito i rapporti umani. Così, spiega Franco Guolo, “i primi enti di formazione nascevano quasi ‘in casa’, tra gruppi di conoscenti attorno ad un docente straniero, francese o belga”. Da questi primi nuclei, addensati nelle aree “abruzzese, milanese e laziale”, se ne poi sono sviluppati diversi, “nel decennio tra la metà degli anni ’90 e 2000; sempre più strutturati, che hanno permesso una diffusione più omogenea nel territorio, anche nelle aree insulari”.
  Oggi, l’eredità di questa diffusione sono le Scuole. Alla fine di questa vicenda di resilienza e scambio, stanno docenti, collaboratori e studenti che continuano la storia dello “stupore originario” dell’Osteopatia. Facendo un bilancio di ciò che ha imparato nei decenni, il vice presidente dell’AISO dice: “L’Osteopatia mi ha aperto gli orizzonti, mi ha fatto capire che anche in medicina non tutto è bianco o nero. Questo si è riflesso anche nella mia vita, ammorbidendo i miei spigoli. Credo che alla fine l’Osteopatia debba essere considerato un percorso di vita”.
Per la presidente dell’associazione Gina Barlafante, il particolare rapporto con il tempo è proprio la forza di questo sapere, situato al crocevia tra passato e presente, fra “tradizione e innovazione; ed è questo secondo me il segreto del suo successo”. Da un lato, “il recupero dell’arte palpatoria”, dall’altro la valutazione delle “peculiarità disfunzionali di ciascun individuo a parità di diagnosi medica. Ovviamente non siamo l’unica categoria ad aver avviato questo processo di riscoperta dell’importanza e unicità del paziente, ma, nel nostro caso, si tratta di un percorso assolutamente naturale e imprescindibile”.

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